Ucraina: Come il conflitto ha trasformato la Chiesa… positivamente
Di Ben Cohen, responsabile media per Open Doors Regno Unito e Irlanda
Entriamo insieme nelle chiese che in Ucraina resistono, operano e fioriscono.
“Vediamo molte bombe che non esplodono” afferma Victor Punin, pastore a Kiev, “e potremmo raccontare tante testimonianze di persone scampate al pericolo poco prima di un attacco. Ci rincuora molto anche vedere che molte persone nell’esercito ucraino chiedono preghiera”.
Nonostante il brutale conflitto che dilaga nel suo Paese, Victor e la sua chiesa pregano con la chiara aspettativa che le loro preghiere verranno esaudite.
“Oggi a mezzogiorno abbiamo pregato insieme a tutte le denominazioni qui presenti” racconta Victor. “L’intenzione era quella di unire tutta l’Ucraina in preghiera, nonostante la difficoltà di incontrarsi di persona”.
==>> Come spiega il pastore Keith Daniel, amico di Victor: “La Chiesa ucraina è una Chiesa che prega”. Ascoltando le loro storie ci si rende conto che è anche una Chiesa pronta al servizio e incentrata sulle missioni, e altro ancora. Ed è una Chiesa che è maturata e si è affinata in modo determinante nel corso degli anni.
Il pastore Keith ricorda la prima volta che è arrivato in Ucraina come missionario, nel 1999, alcuni anni dopo la caduta della Cortina di Ferro. Un periodo entusiasmante.
“Negli anni Novanta sono state fondate chiese su tutto il territorio, si viveva quasi un risveglio. C’era un notevole apporto dall’estero e sono state fatte molte cose buone. Tra le tante nuove chiese fondate, tanti giovani pastori stavano ancora imparando il servizio”.
Una chiesa che matura
Eppure Keith, che vive nell’Ucraina centrale, nella città di Kryvyi Rih, non considera solo la fine del millennio un “periodo d’oro” per la Chiesa ucraina. Quando è tornato nel Paese nel 2010, come responsabile dell’organizzazione di discepolato Kingfisher Mobilising Centre, è rimasto stupito dalla trasformazione riscontrata nelle chiese.
“Ho notato una maturazione della Chiesa ucraina sotto molti aspetti”, afferma, “le chiese ora sono attive nelle missioni”.
Questa maturità ha permesso alle chiese ucraine di rivelarsi utili, ora che l’oscurità del conflitto avvolge ancora una volta il Paese. Una maturità che porta molte chiese in Ucraina ad essere pronte a svolgere un ruolo umanitario e spirituale di cruciale importanza nell’attuale crisi.
“La nostra gente ha attraversato tutto il Paese per essere di aiuto”, spiega Victor. “Svolgono ruoli diversi: a Kiev vengono in aiuto a chi si trova nei rifugi antiaerei o a chi è rimasto da solo a casa: li incoraggiano e portano loro del cibo e altri beni necessari. Molti aiutano i profughi ad attraversare la frontiera”.
“Il Signore abbatte le barriere, ed è qualcosa di bello”
Quando Victor racconta dei loro incontri di preghiera, potremmo rischiare di perderci l’importanza delle parole “tutte le denominazioni”. Nel 1990, con la caduta della Cortina di Ferro e la fondazione di nuove chiese, si respirava una forte mancanza di unità nelle realtà cristiane.
“Gli evangelici carismatici venivano in gran parte considerati come una setta e come persone ‘strane’ dagli ortodossi”, ricorda Keith. C’era anche un clima di diffidenza tra le comunità pentecostali, realtà consolidate da tempo, e le più giovani chiese carismatiche. Tutto questo ora è cambiato, ed è stata di nuovo una crisi a provocare un forte mutamento negli atteggiamenti.
“Gli evangelici erano sempre un po’ nell’ombra rispetto le chiese ortodosse”, spiega Keith. “Tuttavia, dall’inizio della guerra nel Donbass nel 2014, gli evangelici sono usciti allo scoperto, perché molto attivi nell’aiutare la comunità. Così le persone hanno iniziato a dire ‘questi sono cristiani veri!’.
Il Signore sta abbattendo le barriere denominazionali, per far comunicare senza paura ed è qualcosa di bello. Ora c’è rispetto reciproco. Nella nostra città i due gruppi si incontrano regolarmente per mangiare e pregare insieme. Abbiamo iniziato a guardare al cuore gli uni degli altri”.
Tutto è cambiato
Il coordinamento delle iniziative di preghiera e di servizio appare ancora più rilevante se si considera quanto sia difficile per le chiese portare avanti le proprie attività, nelle attuali caotiche circostanze.
“Non riusciamo a riunirci la domenica e non possiamo permetterci di pagare il nostro staff”, spiega Victor, “quindi tutta l’amministrazione della chiesa è crollata. Molti membri della nostra comunità hanno deciso di lasciare Kiev o l’Ucraina stessa. La chiesa come amministrazione non sta più funzionando, ma come corpo relazionale, sì”.
“Ogni mattina contattiamo ciascun membro di chiesa per chiedergli come stia, se sia al sicuro. Come prima cosa vogliamo servirci a vicenda ed incoraggiarci gli uni gli altri. Al momento 11 persone sono ospiti a casa nostra, in modo che abbiano un riparo”.
Keith afferma di aver notato un cambio di passo nell’impegno della Chiesa ucraina a servire le proprie comunità nel corso dell’invasione della regione di Donetsk da parte delle forze militari russe, nel 2014. Ricorda in particolare un progetto che ha visto iniziare nella piccola città di Mar’inka, vicino Donetsk.
“Nel momento più critico della guerra c’era una panetteria che provvedeva per la regione, ma venne bombardata. I fratelli della chiesa affittarono un edificio e vi aprirono una panetteria, assumendo il personale della panetteria distrutta. Quel luogo è diventato un punto di incontro per tutta la comunità. Al secondo piano si incontrano come chiesa ed è aperta a tutti”.
I media mostrano filmati di civili che si armano di pistole e bombe Molotov: in tutto questo ho chiesto a Victor come si sentano i cristiani al pensiero di impegnarsi in una resistenza violenta. Victor mi ha spiegato che la maggior parte dei cristiani che conosce evita qualsiasi confronto violento.
“Direi che la maggior parte dei cristiani non vorrebbe prendere un’arma o uccidere. Preferirebbero piuttosto lasciare il Paese”.
Chiedo a Victor quali siano i sentimenti dei membri della sua chiesa che hanno deciso di restare.
“Questo è un altro miracolo: riscontro pace e calma nelle persone con cui sono in contatto. Nei membri di chiesa vedo stabilità e buona volontà. Certo, c’è sempre chi mette al primo posto la propria sicurezza, ma rimango stupito nel vedere quante persone siano pronte a sacrificare qualcosa per gli altri”.
La Chiesa in Ucraina ha subito una bella metamorfosi da quando Keith ha messo piede nel Paese per la prima volta, poco prima dell’inizio del millennio.
“È una Chiesa molto matura. Si sta supportando e sta crescendo. Credo che la Chiesa ucraina possa avere molto da insegnare alla nostra Chiesa occidentale”.